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Ora del Mondo 1883-1899

Il Santuario > L'Ora del Mondo

*La Supplica da "Cento Anni" preghiera del popolo cristiano

L’8 maggio si è compiuto il 1° Centenario della Supplica, la celebre preghiera della Madonna del Rosario, sgorgata dal cuore grande del Beato Bartolo Longo.
Ma che cosa è la "Supplica"? Nel linguaggio diplomatico laico, essa è la domanda presentata all’Autorità per ottenere una concessione di grazia o di giustizia. In quello ecclesiastico della Curia pontificia, ove era chiamata anche "Signatura", era l’originale della domanda approvata dal Papa o da altre Autorità delegate, ma con l’aggiunta della sottoscrizione indicante l’avvenuta concessione.
Stando a tali definizioni, correnti anche all’epoca di Bartolo Longo che, essendo avvocato, ben le conosceva, la denominazione "Supplica" data ad una tipica espressione del culto cristiano, qual è la
preghiera, poteva apparire quanto meno impropria.
Fu, forse, per questo che Bartolo Longo, quando concepì e redasse quella preghiera alla Vergine del S. Rosario di Pompei, preferì chiamarla "Atto di amore a Maria" e farne una vera "elevazione della mente e del cuore" a Cristo Redentore e alla Madonna del Rosario, la quale, riassumendo nella propria articolata struttura tutti gli elementi teologicamente essenziali di una preghiera, quali: l’adorazione e la venerazione, la lode celebrativa, il ringraziamento e la domanda, potesse rivelare tutta la nobiltà, la dignità e l’eccellenza con cui l’uomo è capace di elevarsi al di sopra delle dimensioni materiali dell’esistenza per lasciare libero lo spirito di spaziare nelle dimensioni soprannaturali dell’infinito e dell’eterno avviando, per essa, una immediata e diretta conversazione con Dio e con la Vergine, anzi, entrando in una spirituale comunione con loro.
Certo, c’è preghiera e preghiera, a secondo che i contenuti si qualificano per particolare e caratterizzante insistenza più sull’uno e sugli altri dei predetti elementi essenziali che generalmente la contraddistinguono: così la preghiera eucaristica che punta sul ringraziamento, si distingue da quella impetratoria che insiste sulla domanda o da quella propiziatoria o espiatoria, in cui si accentua la premura di espiare le colpe impetrandone misericordia per Dio. Altrettante distinzioni si sogliono fare, per ragioni espresse nelle stesse denominazioni, tra preghiera mentale e vocale, privata e comune, pubblica e liturgica.
Ma, fatta eccezione per le ultime due, con le quali si vuole indicare che la preghiera è pubblica se fatta in nome della Chiesa, ed è liturgica se istituita dalla Chiesa stessa e recepita nei libri Rituali usati nella propria Liturgia ufficiale, le altre sono dimostrazioni più teoriche che pratiche, nel senso che è difficile, in genere, trovare una preghiera, veramente tale, che non implichi nella sintesi dei suoi contenuti, appunto come la "Supplica" redatta da Bartolo Longo, tutti insieme gli elementi essenziali che si addicono alla preghiera.
Sicché, se è vero che la "Supplica" non è una preghiera liturgica, è però falso il ritenerla soltanto una "sentimentale sviolinata, concepita e redatta per una serenata alla Madonna".
Chi, per via dell’accentuazione impetrativa, propiziata ed espiatoria presente nella struttura della "Supplica", qualunquisticamente, credette di stigmatizzare , con provinciale sarcasmo, la preghiera di Bartolo Longo, rivelatasi, poi, la più universalmente diffusa tra quelle extraliturgiche in uso nella Chiesa cattolica, mostrò si, di essere figlio del suo tempo eretico o dissacrato, nel quale la "domanda" impetrativa era definita "più una reazione dell’istinto che un vero atto di religione", oppure e addirittura "una mancanza di rispetto e di sottomissione alla volontà di Dio ed all’ordine immutabile del suo piano divino", ma dimostrò anche di aver dimenticato e trascurato troppe altre cose.
Chi stigmatizzò la "Supplica", dimenticò anzitutto che nel sommo esemplare di preghiera che è il "Padre nostro", insegnato da Gesù, c’è una metà (tutta la seconda parte) che è impetratoria, espiatoria e propiziatoria.
Dimenticò che la teologia cattolica, autenticata dal magistero ecclesiastico, insegnò sempre, almeno da S. Tommaso in poi, che nella Chiesa cattolica "non si prega affatto per cambiare le divine disposizioni, ma per impetrare ciò che Dio ha paternamente disposto che si ottenga mediante la preghiera".
Dimenticò che Bartolo Longo fu un convertito e, come tale, avendo profondamente a cuore che la preghiera non si riducesse solo ad un sentimentale, se pur poetico, vagheggiamento formale, ma divenisse atto religioso di culto capace di toccare la mente e il cuore dell’uomo per metterlo in sintonia con il Cuore misericordioso di Dio, attraverso la materna intercessione della Madonna, si preoccupò, non tanto di fare della sua "Supplica" un asettico, nozionistico e freddo dizionario di teologia, quanto piuttosto un toccante e commosso veicolo di comunione tra la terra e il cielo, preoccupandosi di eliminare non il calore dell’esuberanza vitale e del sentimento di filiale devozione, provvidenzialmente rimasto a pervadere la "Supplica", ma solo tutto quello che può impedire ad una preghiera di giungere a toccare il cuore di Dio. S. Agostino spiegava che se certe preghiere non toccano efficacemente il cielo e si perdono sterilmente tra le nuvole, ciò accade perché gli uomini che la recitano o sono "cattivi" o chiedono un modo "cattivo" o chiedono cose "cattive".
Del suo stile di scrittore, Bartolo Longo scrive: "Se dal Capecelatro cercai di ritrarre la purezza della lingua italiana e la limpidezza dello stile, da lui non ritrassi quella sua calma imperturbabile, quel procedere sempre a passi uguali e misurati per la via, quell’assenza di fremiti, di entusiasmi e di slanci di eloquenza. Ben altra era la mia indole, ben altra la nostra missione. Noi non dovevamo esporre, ma commuovere: non dovevamo comporre armonie lente e gravi come quelle di una musica
gregoriana, ma far risuonare squilli di tromba in modo da destare il mondo dal sonno dell’egoismo sociale e della religiosa indifferenza".
Lo stile di Bartolo Longo risponde, dunque, al carattere dell’uomo.
E che cosa c’è nella Supplica che scivoli in quella cosiddetta "mariolatria" che non apparterrebbe alla più genuina teologia cattolica?
È vero, tutta la "Supplica" è lievitata da un’enfasi traboccante. Ma il sentimento non è vuoto e retorico sentimentalismo, come la morale non è moralismo. Togliamo il sentimento alle preghiere ed ai sermoni sulla Madonna di S. Bernardo, di S. Bonaventura o di S. Alfonso e subito la preghiera non è più ed il sermone scade in una lezione scolastica. Non si prega solo con la testa, ma con la testa ed il cuore e chi non ha cuore non può recitare neppure l’Ave Maria.
Se la "Supplica" in questi cento anni di vita ha raggiunto il mondo intero, tanto che ormai non c’è Nazione ove oggi non la si reciti, lo si deve certamente anche alla ridondante enfasi dei cordialissimi ed affettuosi sentimenti che la pervadono, trovando eco nell’animo di tutti i fedeli veramente devoti innamorati della Madonna.
Lo si deve, soprattutto, a quella ricchezza di contenuti autenticamente teologici che, espressi più con l’afflatto palpitante del sentimento che con l’aridità concettuosa delle nozioni, riescono però a coinvolgere subito tutto l’uomo stimolandone intelligenza e cuore, sentimenti ed affetti, volontà e sensi, pensiero e vita fino a diventare, come suole ripetere il Papa: "l’adesione libera, genuina, cosciente, spontanea di tutto l’uomo al tutto a Dio".
La consacrazione "storica" della cattolicità della "Supplica" avvenne l’8 maggio 1914, quando il Papa Benedetto XV scese personalmente nella Cappella Paolina dal palazzo apostolico per recitare egli stesso la Supplica, aprendo una tradizione poi pienamente seguita dai Sommi Pontefici, suoi successori, i quali così introdussero la recita della "Supplica" in tutti gli Uffici del Vaticano.

(Vincenzo Ferrara)

*Un atto di amore a Maria per un rinnovamento interiore
L’otto maggio è il giorno della Supplica, il giorno dell’atto di amore a Maria.
Ě un appuntamento da non mancare: non si può fare attendere una Mamma che desidera amare e provvedere ai suoi figli.
Ě un giorno di festa per tutti quelli che vicini o lontani reciteranno, “un cuor solo e un’anima sola”, la famosa preghiera di Bartolo Longo.
Ma la Supplica non è solo un invito a lasciarsi contagiare dall’amore verso Maria, essa è anche un richiamo al rinnovamento interiore in vista di una professione di fede trinitaria e di una testimonianza di vita senza ombre e perplessità.
Tutta la vita di Bartolo Longo conferma questo dato: il suo amore per Maria divenne fedeltà assoluta a Gesù di Nazareth, e in Lui, al Padre e allo Spirito Santo.
La Supplica, scritta nel 1883, testimonia d’altra parte la conversione del cuore a Dio di migliaia di pellegrini affluiti a Pompei per la circostanza.
Il Beato ne dà riscontro nel Periodico: ‹‹… il giorno 8 maggio segna per migliaia di anime il ritorno a Dio, la pace della coscienza, e le sante delizie del Sacramento dell’altare›› 1889; e ancora: ‹‹il giorno 8 maggio, non solamente è il giorno solenne in cui si glorifica la Vergine di Pompei, ma è il giorno in cui la Madonna impetra da Dio grazie straordinarie sopra i  suoi figlioli; è il giorno in cui la misericordia divina visita le anime che esaltano la loro fede con la  Supplica e col Rosario… è il giorno che tutti dovremmo aspettare ogni anno con maggior risveglio di vita cristiana, con più infervoramento di fede e di carità›› (1891).
L’auspicio finale di Bartolo Longo ci sia di sprone perché la Supplica di maggio segni per tutti un maggior impegno spirituale.

*Invocazioni alla Regina del Rosario di Pompei
Per i sette giorni precedenti la sua festa dell’8 maggio

O Regina circondata di rose, o Immacolata e ne' tuoi preghi onnipossente! Tu che fermi tua dimora nella celeste Gerusalemme, e quaggiù tra gli eletti poni tua stanza, e special trono volesti nella città santificata dai tuoi portenti; o Vergine bella, o Madre del tuo Creatore, deh!
Tu ne impetra, che quanti con a edificare il tuo trono nella Valle della desolazione, tutti sieno fra gli eletti del Cielo; e dal Santuario a te dedicato, dispiega la tua poteà di Regina su le presenti generazioni dei colpevoli figliuoli di Eva.
Chiama cori la tua voce di Madre tutti i figli tuoi da ogni angolo della terra; ed al seno tuo li raccogli, al seno tuo, Arca di sicuro scampo.
Ma nel prossimo dì specialmente della tua festa, che ricorda la tua vittoria su quella terra che fu dello sterminio, deh! miraci tutti, o Madre, proni ai tuoi piedi, e dal tuo Figlio Dio impetraci la grazia che a te chiediamo.

(Si domandi la grazia)
Madre e Regina sempre vittoriosa, benignamente esaudisci le nostre preci.
E poiché i nostri cuori Tu stessa attiri al tuo Santuario, ed in questo invito ne porgi un'arra di salvezza; deh! sia fatto di noi secondo la tua parola. Così Sia!

Salve Regina…
Per noi prega, o Regina del Rosario di Pompei, affinché siam fatti degni delle promesse di Gesù Cristo.

Preghiamo

O Dio, che sulla desolata terra di Pompei, teatro di morte e di rovine, ti sei degnato a dì nostri far sorgere un Tempio alla Immacolata Madre di Gesù qual Regina delle Vittorie, che trionfasse dei cuori degli uomini e li traesse, avvinti dalle sue grazie, ai piedi tuoi; deh! piega, ti supplichiamo, pietoso lo sguardo alle misere nazioni, che cieche del lume della fede, si agitano lungi dal tuo Cuore di Padre; e per amore della Vergine Maria, Regina del Rosario nella Valle di Pompei, perdona clemente a tante anime, che pur redente dal Sangue di Cri sono morte pel peccato alla grazia.
E concedi che noi tutti, a lei dedicati, otteniamo pronto soccorso nei mali che ci travagliano, sollievo nelle angustie che ci affliggono, vittoria nelle tentazioni che ci combattono, perdono di tanti peccati che ci opprimono, purità di mente e di cuore, e premio eterno dopo la lotta finale. Per Gesù Cristo Signor nostro.
Così sia.

*Un po' di storia sulla Supplica alla Regina del Santo Rosario di Pompei

Fu scritta, nel 1883, da Bartolo Longo con il titolo "Atto d’amore alla Vergine". Viene recitata solennemente due volte l’anno, alle ore 12 dell’8 maggio e della prima domenica d’ottobre, richiamando migliaia di pellegrini, provenienti da tutta Italia e dall’Estero, che in queste occasioni, si raccolgono davanti alla facciata del Santuario per partecipare alla sua recita corale. La Supplica fu composta da Longo come adesione all'invito che, nella sua prima Enciclica sul Rosario, Papa Leone XIII aveva fatto ai cattolici, ad un impegno spirituale volto a fronteggiare i mali della società.
Il 1° settembre del 1883, infatti, era stata pubblicata l’Enciclica Supremi apostolatus officio, con la quale il Papa indicava nella preghiera del Rosario uno strumento sicuro per il conseguimento del bene spirituale della società e della Chiesa, travagliata da "gravi calamità". Al Beato Bartolo Longo, che in quel tempo era impegnato ad erigere il tempio alla Vergine del Rosario e a diffonderne la devozione nel mondo, sembrò che la parola del Pontefice costituisse una sorte d’imprimatur a tutta la sua attività.
Il 23 settembre inviò un telegramma al Santo Padre per ringraziarlo di aver pubblicato l’Enciclica sul Rosario, che sarebbe stata d’incoraggiamento per celebrare la prossima festa di ottobre e proseguire con maggiore alacrità la costruzione del Santuario del Rosario, la cui opera la Vergine accompagnava con incessanti prodigi.
La diffusione del culto mariano raggiunse in quegli anni il suo apice grazie anche alla Supplica. Preoccupazioni ed esortazioni espresse nell’enciclica di Leone XIII dello stesso anno e riflessioni personali del Beato trovarono, così, appropriata espressione nella "Supplica alla potente Regina del SS. Rosario", che fu recitata la prima volta nel giorno della festa di ottobre, celebrata il 14 di quel mese. L’8 maggio 1915 la preghiera fece il suo ingresso in Vaticano: alle ore 12.00, Benedetto XV, entusiasta estimatore del Fondatore e dell’Opera pompeiana, e i dignitari vaticani la recitarono nella Cappella Paolina.
Tradizione che continuò con i Pontefici successivi. Come il 7 ottobre del 2003, quando Giovanni Paolo II, nella sua seconda visita a Pompei, avvenuta a conclusione dell’Anno del Rosario, ha recitato la Supplica assieme alle migliaia di fedeli giunti nella città mariana in quella solenne
giornata dedicata alla Vergine del Rosario. Il testo della Supplica, che ha avuto nel tempo vari ritocchi, fino a giungere all’attuale formulazione, è profondamente coinvolgente, lirico e musicale. Si caratterizza per una coralità unica e unificante; tra tutte le preghiere composte da autori italiani è quella più famosa al mondo. È stata tradotta in una decina di lingue: dall’inglese al russo, dall’armeno al cinese, dall’urdu al maltese, al tamil, ecc.

È una preghiera universale: il Beato aveva ragione a definirla Ora del mondo. Contemporaneamente, in diverse parti della terra, da New York a Buenos Aires, da Toronto a Sidney, da Johannesburg a Caracas, infatti, milioni di fedeli si ritrovano insieme per recitarla. La Supplica nasce dal cuore di Bartolo Longo, ma in realtà, ognuno può sentirsene l’autore, in quanto essa racchiude tutti i dolori e le speranze della famiglia umana. Il Longo, infatti, con la Supplica, ha dato voce all’amore che dalla terra si leva verso il cielo.
Essa è preghiera per l’Italia, per l’Europa, per il mondo intero. A Pompei, la celebrazione, preceduta dalla Santa Messa, si svolge all’aperto, davanti alla Facciata del santuario.
Durante il rito, presieduto da Vescovi e Cardinali, si prega per la Pace, tema molto caro a Bartolo Longo, per lo sviluppo dei popoli, per il superamento delle ingiustizie sociali, per la famiglia. Viene sempre ricordata la vita e la straordinaria opera compiuta dal Beato per Pompei e per la sua rinascita, e vengono illustrati i progressi delle opere sociali, eredità del Longo, che oggi il santuario porta avanti grazie a chi opera al suo interno e grazie alla generosità dei fedeli che contribuiscono a mantenerle in vita. Per far fruire nel modo migliore la celebrazione ai pellegrini, vengono installati diversi maxi-schermi. In tempi recenti, la Supplica è stata trasmessa in diretta televisiva e radiofonica, sia a livello nazionale che internazionale. Dal 1979, viene trasmessa in diretta da Napoli Canale 21, emittente televisiva privata della Campania; nel 1998, è stata trasmessa in diretta mondiale da Rai International; nel 2002, da Tele Pace e nel 2006 da Sat 2000, Radio Maria e Radio Mater.
È così profonda la risonanza che la Supplica suscita nell’animo dei fedeli, che centinaia di migliaia di persone, nei due appuntamenti annuali in cui è recitata solennemente, si recano a Pompei (alcuni, anche a piedi). Non importa se il viaggio affrontato è stato lungo, le ore di preghiera in piedi tante e il sole cocente.
Tutti attendono l’Ora del Mondo, l’ora della Supplica e, in quel momento, pur provenendo da parti diverse d’Italia e del Mondo, ognuno si sente in sintonia con l’altro, per volgere il cuore alla Madre, che dall’alto ama e assiste i suoi figli, che a Lei presentano le loro richieste. Pregare la Madonna di Pompei significa esprimere la propria identità di figli che si rivolgono a Lei, la Madre che Gesù ci ha dato in dono dall’alto della Croce, come ricorda anche il testo della Supplica. Una figliolanza che fa intimi, familiari con Lei e con Dio. Molti giungono nella città mariana a piedi, come i fedeli di Pignataro Maggiore (CE) che, dal 1945, continuano il cammino di fede iniziato dai loro padri per ringraziare la Madonna di Pompei per averli fatti tornare dal Fronte. Ogni anno, il 7
maggio, in più di 400, si recano a piedi a Pompei, dove, dopo una lunga veglia di preghiera, recitano la Supplica con la certezza che la Madonna ascolterà ed esaudirà le loro preghiere.

La devozione alla Madonna di Pompei è diffusa in tutto il mondo grazie soprattutto agli emigranti, ai quali, prima che si imbarcassero dal porto di Napoli, Bartolo Longo donava quadri della Madonna, assieme a corone del Rosario, immaginette e libretti di preghiere.
Nel mondo sono nate, così, moltissime chiese, parrocchie e santuari dedicati alla Madonna di Pompei. Non si contano, poi, le Associazioni e le Confraternite a Lei dedicate. Solo negli Stati Uniti ci sono ben 10 chiese intestate alla Madonna di Pompei: a New York, Chicago, Providence, Lancaster, ecc. Altrettante ce ne sono in Canada: a Montreal, a Vancouver, ecc. Se ne trovano anche in Argentina, Brasile, Venezuela e Uruguay e in tutte si organizzano numerose attività per promuovere il culto e la devozione alla Madonna.

A New York, la parrocchia "Our Lady of Pompeii", che risale al 1892, è retta dai Padri Scalabriniani, e durante il periodo della grande emigrazione fu un punto di riferimento per tutti gli italiani che approdavano nel nuovo mondo. In occasione della Supplica, la Santa Messa viene celebrata in italiano, inglese, spagnolo e filippino. Dopo il rito si effettua una solenne processione e si termina con una grande festa.

"Maggio 1883" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza Mons. Giuseppe Formisano - Vescovo di Nola

Con squisite espressioni che ripetono il lirismo dei solenni salmi biblici, B. Longo, nel programma delle feste del 1883, annunciava la sua novella preghiera alla Madonna.
"Alleluia! O Fratelli: Leviamo oggi un cantico di festa. Cantiamo oggi più giuliva la dolce canzone di amore alla Vergine".
È l’atto di amore alla SS. Vergine di Pompei, il cantico supplice da recitarsi il giorno 8 di maggio nell’ora di mezzodì. "Una preghiera comune, in Atto di Amore che raccogliesse quel popolo nascente (i primi pompeiani) sotto il vessillo di Maria e perciò pregasse di una stessa preghiera".
In questi propositi affonda e prende vita la radice dell’Atto di Amore, la preghiera primigenia, il palinsesto, pressappoco il canovaccio della Supplica.
L’Atto di Amore traduceva la fiamma che divampa nel cuore di Bartolo Longo e che si alimentava nell’ardore di una fede che investiva e permeava tutto il suo essere.
Nell’ora di mezzodì, oltre a dodicimila associati al Tempio di Pompei levarono unanimi la preghiera alla Vergine.

Era l’otto di maggio del 1883. Innumerevoli devoti, pur lontani, alla stessa ora, prostrati davanti all’immagine della Madonna, recitando la medesima Preghiera, si unirono al coro che Don Bartolo, con fervore acceso, aveva sollecitato intonando l’inno alla Vergine. Quell’Atto di Amore concepito e dettato come preghiera di contrizione, cantico di lode, invocazione supplice ricca di pietà profonda.
Dall’Unità Cattolica del 17 maggio 1883 n° 115, stralciamo solo un breve significativo passaggio della relazione stesa da B. Longo a commento della festa: "Ma la festa della prima campana, che ebbe luogo ieri l’altro, ha superato le nostre aspettative ed il più vivo entusiasmo che aveva già suscitato la semplice lettura del programma.

*La Festa dei Signori Forestieri - (Prima Parte)
Folla di rappresentanti della nobiltà napoletana e generosi benefattori alle celebrazioni dell'otto maggio 1883
Ambo i novelli Sacri Bronzi, Maria Rosaria e Caterina da Siena, si troveranno sollevate da terra a petto d’uomo sotto la Cupola per essere lavate dalle mani del Vescovo con l’Acqua Lustrale e consacrate con l’Olio Santo (1). Lo stesso Sacro Principe sarà assistito dai Canonici di Nola e dai Cantori del suo Seminario. Quindici elette Signore della più alta Nobiltà cattolica Napoletana (2), rappresentanti il numero dei Misteri del Rosario, saranno le Nobili Comari (3) di Maria Rosaria e di Caterina da Siena. Tra esse si noverano le prime Benefattrici del novello Santuario, la Marchesa Filiasi di Somma, la Marchesa Ruffo di Guidomandri, la Duchessa Albertini Sozzi-Carafa, la Duchessa di Laurenzana, la Sig.na Giovannina Muti Sabato, la Marchesa di Latiano, la Contessa di Balsorano Doria, la Duchessa di Paganica, la Principessa di Santo Mauro Saluzzo Caracciolo di Forino, la Baronessa Compagna, la Baronessa di Castro de Rosa, la Duchessa d’Eboli, la Sig.ra Elena Buonocore Giusso, la Signorina Giuditta Cattaneo dei Principi di S. Nicandro, la Marchesa Clementina Imperiali Volpicelli, la Marchesa Tommasi Giovanna di Somma, la Marchesa Torre Angela Tommasi, la Marchesa Imperiali Teresa Tommasi, la signora Anna Narici Scognamiglio, la Marchesa di Gallo Filomena Doria, la Principessa di Belmonte, la Principessa de Luna d’Aragona, la principessa di Cassero.
Compiuto che sarà il solenne Battesimo, immantinentia vista di tutti i figli del Rosario in Chiesa congregati, si eseguirà l’ascensione dei Sacri Bronzi, i quali sollevandosi insino al centro della Cupola, di là passeranno ad esser collocati nel piccolo provvisorio Campanile (4). E mentre che Maria Rosaria si va sollevando per giungere alla sommità del Tempio, verrà salutata la Regina del Cielo con il canto della Salve Regina in duetto dal noto e pio Tenore signor Francesco Caracciolo e dall’egregio Basso signor Francesco Capponi, i quali con tutto il trasporto di una tenera devozione a Maria si son presentati gratuitamente, ponendo la banda ogni altro loro ufficio. Siccome anche gentilmente e gratuitamente si presteranno ad eseguire la musica in Chiesa i signori dilettanti Achille Talamo (Violoncello), S. Festa (5) (Armonium) ed il Maestro Alfonso Amodio. Breve ed affettuoso Sermone sarà detto dal chiarissimo oratore napoletano Rev. Sac. D. Errico Marano (6) del Terz’Ordine di S. Domenico. Quindi il Santo Vescovo di Nola intonando l’Inno di lode all’Altissimo, armonizzando il cantico degli Angeli con il pietoso canto dei fedeli, impartirà solennemente la benedizione con il SS. Sacramento a tutti gli associati della nuova Chiesa presenti e lontani. Ed in quell’istante solenne, in cui il Padre e Redentore degli uomini benedirà i suoi figli che edificano la casa di sua Madre, Maria Rosaria per la prima volta scioglierà ai venti la sua santa voce, per annunziare al popolo Cristiano i novelli trionfi della Regina delle Vittorie: la quale su quella terra degl’infedeli e dei demoni ha formato una nuova famiglia, una santa Società, dove il Dio vero è il capo, la madre di Dio diventa Madre dei peccatori, e uomini e donne di ogni classe e di ogni paese si raccolgono colà sotto il manto della Madre di Misericordia. Sicché il primo suono di Maria Rosaria sarà una voce di adorazione a Dio, di benedizione al redentore degli uomini, di nunzio felice di grazie e di benedizioni che dal Cielo pioveranno in quel giorno su tutti i figli della Chiesa di Pompei. E quell’ora benedetta sarà appunto il mezzodì degli 8 di Maggio del 1883, quell’ora in cui tutto il Mondo cattolico al suono delle Campane di tutte le Chiese d’una sola voce saluta Maria piena di grazia e Madre di Dio; ed in quell’ora in Pompei per la prima volta la squilla di Maria Rosaria echeggerà per il muto Anfiteatro e per la deserta Città pagana; ed il sonoro suo fremito scuoterà i cuori più duri, e trarrà lacrime di compunzione e di amore per la bella Sovrana degli Angeli, invitando ciascun fedele al dolce suono di Gabriello, Ave Maria. E tutti i figli del Rosario, presenti o assenti, vicini o lontani, tutti in quell’ora saluteranno la loro tenera Madre, la loro cara Regina con un fremito di venerazione, con un palpito d’amore.
Note
(1) La riforma liturgica, attuata dal Concilio Vaticano II, ha disposto che i sacri riti siano espressi più chiaramente al fine di facilitare la comprensione al popolo cristiano, consigliando di dare preferenza alla Parola contenuta nei Sacri Testi più che ai segni, spesso di non facile interpretazione. Pertanto lo svolgimento del rito di benedizione delle campane, più complesso una volta, ma così suggestivo, è attualmente snellito. Non necessariamente il Vescovo in qualità di ministro, ma un sacerdote che, dopo aver tenuto l’omelia per l’occasione, invita la comunità ecclesiale alla preghiera ed alla meditazione; indi, aspersa la campana con l’acqua benedetta la incensa ed il rito è così compiuto. Un breve cenno sul vecchio rito. La cerimonia si apriva con il canto dei sette salmi penitenziali.
La chiesa tutta preparata a festa, ornata con fiori e tralci di foglie verdi intrecciate a festoni; il Vescovo ed il Clero vestivano dei paramenti più belli, intonavano i canti e, negli intervalli, le preghiere in coro unanime con i fedeli. Il rito aveva inizio con la benedizione dell’acqua già preparata in un capace catino sistemata nei pressi della campana. Il Vescovo, servendosi di un fascetto di rami freschi di mirto intinti nell’acqua benedetta, lustrava tutta la campana all’esterno ed all’interno quasi a volerla liberare da ogni scoria di impurità. Quindi con il Sacro Crisma (olio e balsamo benedetti), tracciava sull’esterno della campana sette croci ad evocare il ricordo dei sette doni dello Spirito Santo. Nell’interno, ancora quattro croci, a voler significare i quattro punti cardinali in direzione dei quali la campana avrebbe fatto sentire la voce di Dio. Veniva quindi collocato sotto la campana un braciere con carboni accesi, simbolo della fede ardente del popolo di Dio; il Vescovo su quel fuoco bruciava l’incenso, la scorza della timiana, lo stesso albero che dà l’incenso, la mirra. Il fumo profumato dei preziosi aromi avvolgeva la campana simbolicamente purificandola.
Un canto di ringraziamento e di gloria al Signore ed alcuni solenni rintocchi della campana benedetta concludevano il suggestivo rito.
(2) “Per esattezza storica, però, ho da confessare che non tutta l’aristocrazia napoletana ci aprisse le porte e ci facesse oneste e liete accoglienze. Anzi, talvolta, dopo essere tornati due o tre volte a scendere e salire le marmoree scale, ci convenne sopportare qualche amara conclusione. Nondimeno io sento il dovere di ringraziare il generale il patriziato napoletano, perché sovrabbondò di fiducia e di carità in un’opera che allora era affatto oscura, promossa da uomini oscuri, e di oscuri ed incerti risultamenti.
Ed ecco come, certo per consiglio divino, la nobiltà napoletana venisse eletta dalla regina del Cielo a concorrere ai primordii del Santuario di Pompei” (B. Longo).
(3) B. Longo, invitando le quindici pie nobildonne napoletane a fungere da madrine (comari), intendeva esternare un segno della sua profonda gratitudine verso quelle signore che avevano sostenuto ed ancora sostenevano, con ogni mezzo, la nascente Opera Pompeiana.
(4) “Ho ricevuto dal signor Bartolo Longo la somma di lire 196 e sono l’importo dei lavori eseguiti per costruire il provvisorio campanile della Chiesa del SS. Rosario a Valle di Pompei, giusta misura.
Valle, addì 31 marzo 1883. Firmato Vincenzo Accardi – (da Scafati).
A margine è segnato, con altra grafia: lire 8 al metro cubo.
Nel 1934, a seguito dei lavori di ampliamento e ristrutturazione dell’interno Edificio Sacro, il campaniletto, già non più utilizzato (l’inaugurazione dell’attuale Monumentale Campanile risale al 1925), dovette essere demolito. Esso sorgeva sul fianco orientale del Tempio, pressappoco all’altezza dell’attuale cappella dedicata a san Giuseppe.
(5) Negli scritti del Beato e tra le carte conservate nell’Archivio, non vi è alcuna notizia circa questi artisti che gratuitamente, “ponendo da banda ogni altro loro ufficio” intervennero alla festa e prestarono la loro opera. Solo un’ipotesi: quel dilettante che suonò l’armonium, (Salvatore Festa), potrebbe verosimilmente essere lo stampatore napoletano che, insieme al fratello Andrea, gestiva in Napoli, alla via S. Biagio dei Librai n° 102, una tipografia libraria specializzata in lavori di soggetto prevalentemente religioso. Fin dai primordi dell’Opera Pompeiana, B. Longo si rivolse ad essi, amici e devoti, per la stampa di tutto il materiale necessario alla propaganda della Nuova Chiesa del Rosario. “La prima volta che apparve un libro intorno al Santuario di Pompei fu nel gennaio 1879. Lo scrissi io stesso ed a mie spese, vide la luce in Napoli, per tipi di Andrea e Salvatore Festa, in un volumetto da 100 pagine in 8°” (B. Longo). In questa stessa tipografia (cita per sommi capi), furono stampati: volantini di propaganda, opuscoli di preghiere, gli inviti per le grandi feste, i programmi delle feste, una delle prime immagini in litografia del quadro della vergine disegnata da Gennaro Amato, i primi otto numeri (270 pagine) del Periodico “Il Rosario e la Nuova Pompeo”, dal 7 marzo fino al 7 agosto 1884, anno in cui cessa il rapporto di lavoro con i fratelli Festa. Nell’agosto del 1884, B. Longo, impianta la tipografia del SS Rosario in Pompei, stamperà tutto in proprio.
La tipografia, più tardi, sarà anche scuola per i figli dei carcerati; da essi usciranno capolavori di stampa e maestri dell’arte tipografica.
(6) Mons. Enrico Marano (1843-1928), passa alla storia come una delle grandi figure che composero il Cenacolo Napoletano di Padre Ludovico da Casoria. Passati i primi anni della sua giovinezza spesi nell’insegnamento presso il celebre collegio della Carità a Napoli, lasciò la scuola per dedicarsi alla predicazione rivelandosi in breve tempo oratore eloquente ed originalissimo. B. Longo lo aveva appena ascoltato a Napoli e ne fu colpito al punto da volerlo a Valle di Pompei, in occasione della solenne benedizione della prima campana. Da quella data, 8 maggio 1883, per 35 anni, i fedeli, in ogni ricorrenza di rilievo, ascoltarono sempre la sua voce. Mons. Marano resta, nella storia del Santuario, con il glorioso titolo di “primo oratore della Madonna di Pompei”. (Autore: Nicola Avellino)
*La Festa dei Signori Forestieri - (Seconda Parte)
Il Beato Bartolo Longo volle legare le sorti del nascente Santuario alla protezione dell’arcangelo Michele. Per questo motivo scelse l’otto di maggio come il giorno della grande festa pompeiana
Di che il giorno 8 Maggio, sotto la custodia del Principe degli Angeli S. Michele (1), Protettore del novello Tempio, sarà assai memorabile ai fratelli e alle sorelle di Pompei. Esso è scritto nel Cielo nel Libro dei predestinati alla vita, poiché ricorda quel giorno in cui ebbero cominciamento i trionfi della Regina delle Vittorie sulla terra dei Gentili ed il novello Santuario delle sue Misericordie. Il sole meridiano degli 8 maggio del 1876 salutò nella nuda e silenziosa campagna di Pompei pochi Terziari Domenicani ed un drappello di eletti Signori e Signore Napoletane, che facevano ala al Principe di Santa Chiesa, confortati solo dalla fede e dall’amore in Dio, ma giammai dalla speranza (che sarebbe apparsa follia) di vedere con gli occhi propri elevarsi e compiersi su quella piccola Pietra, su quella vile zolla di terra, un gran Tempio al Re dei re al Signore dei Dominanti (2).
Al volgere di sette anni (numero biblico, profetico ed indicatore di grazie) il sole meridiano degli 8 Maggio del 1883 irradierà la fronte festiva di presso a Trentamila Fratelli e Sorelle (3) sparsi in Italia, nelle Spagne, in Inghilterra, in Austria, in Polonia, e fin nelle Indie e nelle Americhe; e meglio che Duemila Terziari Domenicani, i quali tutti d’un sol cuore e d’un anima sola concorrono ad edificare il Trono della loro Madre e Regina, dove da sette anni continui diffonde le sue grazie ai gementi figliuolo di Eva
(Bartolo Longo)
Note
(1) La devozione di Bartolo Longo per l’Arcangelo S. Michele fu, fin dai primordi dell’Opera Pompeiana, sentita e profondissima. Di come sia nata in Lui tanta venerazione ed in qual modo sia cresciuta e maturata, conviene fare un breve cenno; nel contempo sarà anche necessario fornire qualche altra singolare notizia di indole storica al fine di consentire una più esatta comprensione degli eventi.
Curatore dei beni della Contessa De Fusco, ai primi di ottobre dell’anno 1872, Bartolo Longo da solo, venne per la prima volta a Valle di Pompei; era stato incaricato di riscuotere i canoni dai coloni che avevano in fitto l’estesa masseria di circa cinquantaquattro moggi di terra posseduti dalla famiglia De Fusco.
L’anno successivo, sempre nell’ottobre, insieme con la Contessa e con tutta la sua famiglia, Bartolo Longo ritornò a Valle di Pompei per trascorrervi un breve periodo di riposo.
Presero alloggio nella Taverna di Valle, un tempo umile ricovero e posto di ristoro per i viandanti che si recavano nelle Calabrie. Era l’unica ed antichissima casa posta al centro di una notevole estensione di terra ubicata all’estremo limite della Provincia di Napoli. La Taverna di Valle era composta da un piano terrneo di cinque vani, (l’antico ricovero per i viandanti) e da tre camere di più recente costruzione situate al piano superiore.
“Erano le 10 del mattino del 15 novembre 1875, il Vescovo di Nola, Mons. Giuseppe Formisano, affacciatosi alla finestra (lato nord) della stanza di mezzo che guardava la vecchia e cadente Chiesa Parrocchiale del SS: Salvatore, accennando con la mano al campo contiguo alla Chiesetta, in tono profetico esclamò: “Quello è il luogo, dove deve essere edificato un tempio in Pompei” (B. L.).
Era la prima pietra morale del Santuario, tutto quello che seguì in ossequio ed ottemperanza alla volontà del Vescovo, è un passo di storia conosciuto in tutto il mondo.
Al lato opposto, esattamente rivolto a sud, le altre finestre della Taverna di Valle davano su di un vasto giardino anch’esso di proprietà della Contessa De Fusco e, più in là, fino a perdita d’occhio, si estendeva la Valle chiusa dalla maestosa catena dei Monti Lattari. Esaurita la breve disgressione topografica, torniamo al tema e leggiamo quanto nel 1888 scrisse Bartolo Longo in proposito.
“Ogni giorno, nell’aprire la finestra della nostra camera in Valle di Pompei, l’occhio si posa sui monti di rimpetto, che formano un’immensa barriera all’oriente di Castellammare. Il nostro sguardo si affissa tosto sulla sommità di quel vertice a tre punte che coronano il monte Gauro.
Apparve un dì l’Arcangelo S. Michele al Vescovo di Castellammare, San Catello, e gli impose di edificargli un Tempio nel luogo che gli indicò con una fiamma.
Il Santo Vescovo si accinse all’Opera: ma, a seguito di atroci calunnie, mossegli contro dai suoi stessi concittadini, venne destituito dalla sede episcopale, chiamato a Roma, e chiuso colà in carcere. Se non che il suo Patrono S. Michele, e il suo fedele amico, S. Antonino Arcivescovo di Sorrento, lo liberarono. S. Catello fece suo ritorno alla sede di Castellammare, accolto trionfalmente da tutto il popolo, il quale, guidato dal santo Arcivescovo di Sorrento, Antonino, gli andò incontro, acclamandolo, nella terra di Pompei…
Dal primo giorno che noi leggemmo nel Divino Uffizio codesta apparizione, disponemmo in cuor nostro che il Santuario della Vergine di Pompei e tutte le opere di pietà e di beneficenza che saremmo per fondare qui, le avremmo poste sotto la protezione del Principe degli Angeli, S. Michele, il quale sin dai primi secoli della Chiesa mostrò visibilmente di volere essere onorato in questi luoghi. E fin da allora disponemmo il tutto in cuor nostro di erigergli un altare in questo Santuario. Avevamo ben bisogno di una protezione del Capo di tutti gli Angeli contro il Capo di tutti i diavoli, che non cessa mai di far guerra alla Donna, onde ebbe schiacciato il capo.
Per gloria di S. Michele noi confessiamo che non vi è privilegio, non vi è conflitto, in cui, sua mercé, quest’Opera di Pompei non sia risultata vittoriosa.
E però noi sempre abbiamo posto studio a fare che la principale festa in Valle di Pompei accadesse nel giorno dedicato alla festa dell’eccelso fra gli Angeli. (La festa dell’Arcangelo Michele cadeva l’8 maggio, giorno della sua apparizione sul monte Gargano. Questa coincidenza delle apparizioni – Monte Gargano e Monte Gauro -  può aver indotto il Beato, al di là della festa liturgica, a fissare l’8 maggio come il giorno provvidenziale per ogni sua iniziativa n.d.r.).
Di fatto, oltre alla originale funzione della prima Pietra di fondazione del Santuario, che avvenne negli 8 di Maggio del 1876, ordinammo in altro anno, anche per il giorno 8 Maggio, il Battesimo della Prima Campana di questo Tempio. E nel giorno 8 Maggio fu inaugurato il primo Orologio pubblico per segnare le ore ai contadini della Valle.
E nel giorno 8 di Maggio di altro anno presentammo ai devoti completa la Cupola del Tempio.
E nel giorno 8 di Maggio di altro anno facemmo trovare allungato il Tempio dalla parte superiore, e venne benedetta la prima pietra di fondamento all’altare Maggiore.
E nel giorno 8 Maggio di altro anno venne solennemente consacrato l’Altare Maggiore, inaugurato il gran Monumento in onore della regina delle Vittorie, ed Incoronata la vergine con il diadema di brillanti e di zaffiri…
Michele, il primo Custode di Colei, che fi il Santuario del Dio vivente sulla terra, venne designato da Dio a Custode e difensore di tutti i Santuari della terra dedicati all’onore di Maria.
Ecco svelata la ragione perché noi fin dalla prima ora scegliemmo così potentissimo Principe a guardia di questo Tempio e delle opere nostre.
Ed il fortissimo e bellissimo Principe, benigno sempre, ci ha fatto provare più volte il beneficio della sua protezione, eludendo gli sforzi di Satana a danno di questa Chiesa”.
(2) Bartolo Longo ricorda la Benedizione della prima pietra del Tempio.
(3) Sono i fratelli e le sorelle associati alla Confraternita del Rosario. “Si voleva rendere stabile la devozione del Rosario e non altro espediente si trovava che erigersi una Confraternita che sopperisse a tutti i bisogni di quel popolo nascente.
Val quanto dire, raccogliergli sotto il Vessillo di Maria, perché pregassero di una stessa e comune preghiera, eccitarli a dare pietoso accompagnamento alle salme dei loro cari estinti, e suffragi a quelle anime, e pietosa assistenza e medicina ai fratelli infermi; dare infine maritaggi alle donzelle povere” (B.L.). Per attuare tale disegno, B. Longo pregò padre Radente di intercedere presso il Generale dell’Ordine di Roma affinché concedesse il necessario prescritto diploma di erezione alla Confraternita. Frattanto non indugiava; con entusiasmo prese a girare per le campagne presso i contadini illustrando loro il suo programma e chiedendo nel contempo le adesioni; similmente, la Contessa De Fusco, cominciò a visitare le dame di sua conoscenza del patriziato napoletano raccogliendo tra loro numerosi consensi.
Il caldo interessamento di padre Radente diede fruttuosi e consolanti risultati. Il 12 dicembre del 1875, il Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori, Fra Giuseppe Maria Sanvito, firmava a Roma il diploma di istituzione della Confraternita.
Il 13 febbraio dell’anno 1876, domenica, a tutti gli iscritti raccolti nella Vecchia Parrocchia, Padre radente, lesse il Diploma del Padre Generale dell’Ordino e quindi, a voce di popolo, solennemente dichiarò eretta la Confraternita del Rosario in Valle di Pompei. Il sacerdote R. Don Gennaro Federico fi acclamato Rettore. La solenne cerimonia fu occasione propizia per aggregare al Terz’Ordine di San Domenico il Parroco, Don Giovanni Cirillo, il sacerdote Don Gennaro Federico ed altre undici persone abitanti della Valle.
La Madonna premiò le fatiche e lo zelo di B. Longo donandogli “Il massimo dei contenti”; in pochi anni la Confraternita del Rosario si diramò non solo in Italia, ma in Europa ed in tutto il mondo. Nel 1923 infatti, scrive B. Longo, la Società del SS. Rosario di Valle di Pompei contava più di cinque milioni di aggregati fra cui Vescovi e Cardinali, Principi, Regine, il Papa Leone XIII.
(Autore: Nicola Avellino)
*La Festa dei Signori Forestieri - (Terza Parte)
“L’atto di amore a Maria, composto da B. Longo per la benedizione della prima campana del Santuario, si rivelerà sin dal primo momento come una preghiera fortemente aggregante divenendo così il motivo ispiratore della Supplica.
Avventurati figliuoli del Rosario! Dilatiamo il nostro cuore alle più dolci speranze, che in quel giorno che offriremo a Maria la Prima Campana del Rosario in Pompei, la nostra tenerissima Madre non saprà negarci alcuna grazia.
E però per formare una santa lega di preghiere e strappare in quel giorno dal Cuore di Maria tutte le Grazie desiderate, si è pensato di formulare una preghiera comune, un “Atto di amore a Maria”, che ogni iscritto riceverà con il presente invito, affinché da tutti gli associati, anche più lontani, sia recitata, unendosi in spirito con coloro che si troveranno ai piedi di Maria in Pompei. Non sarà un novello Vespro di sangue, no, ma sarà un novello coro di pace, di perdono, di amor di Cielo, che tutti i figli di S. Domenico e tutti i figli del Rosario raccoglierà più stretti e più amorosi al seno della loro Madre comune.
(Bartolo Longo)
Con squisite espressioni che ripetono il lirismo dei solenni salmi biblici, B. Longo, nel programma delle feste del 1883, annunciava la sua novella preghiera alla Madonna. “Alleluia! O Fratelli: Leviamo oggi un cantico di festa. Cantiamo oggi più giuliva la dolce canzone di amore alla Vergine”.
È l’atto di amore alla SS. Vergine di Pompei, il cantico supplice da recitarsi il giorno 8 di maggio nell’ora di mezzodì. “Una preghiera comune, in Atto di Amore che raccogliesse quel popolo nascente (i primi pompeiani) sotto il vessillo di Maria e perciò pregasse di una stessa preghiera”.
In questi propositi affonda e prende vita la radice dell’Atto di Amore, la preghiera primigenia, il palinsesto, pressappoco il canovaccio della Supplica.
L’Atto di Amore traduceva la fiamma che divampa nel cuore di Bartolo Longo e che si alimentava nell’ardore di una fede che investiva e permeava tutto il suo essere. Nell’ora di mezzodì, oltre a dodicimila associati al Tempio di Pompei levarono unanimi la preghiera alla Vergine.
Era l’otto di maggio del 1883. Innumerevoli devoti, pur lontani, alla stessa ora, prostrati davanti all’immagine della Madonna, recitando la medesima Preghiera, si unirono al coro che Don Bartolo, con fervore acceso, aveva sollecitato intonando l’inno alla Vergine. Quell’Atto di Amore concepito e dettato come preghiera di contrizione, cantico di lode, invocazione supplice ricca di pietà profonda.
Dall’Unità Cattolica del 17 maggio 1883 n° 115, stralciamo solo un breve significativo passaggio della relazione stesa da B. Longo a commento della festa: “Ma la festa della prima campana, che ebbe luogo ieri l’altro, ha superato le nostre aspettative ed il più vivo entusiasmo che aveva già suscitato la semplice lettura del programma. Migliaia di eletti e generosi signori e dame della più alta nobiltà di Napoli e di altre città facevano risuonare il nascente Santuario delle loro preci, dei loro sospiri e dei gemiti del cuore ai piedi della Madre di Misericordia, che in quel giorno diffondeva dal suo vergineo sguardo chiarori di una insolita bellezza”.
Nostalgia devozionale e rigoroso rispetto per la storia ci inducono a ripubblicare il testo della felicissima preghiera che, sebbene sia stata effimera ed oggi obsolenta, resta l’unico documento indispensabile per conoscere i moventi e scoprire la radice da cui nacque la Supplica.
L’immenso fervore devozionale suscitato dall’Atto di Amore, sebbene recitato una sola volta l’otto di maggio del 1883, rese ardito B. Longo disponendolo ad accogliere con più efficacia l’ispirazione della Provvidenza.
In pochi giorni stese una novella preghiera destinata ad uscire dagli angusti confini paesani e composta perciò con l’intento di coinvolgere tutti i credenti sparsi nel mondo incitandoli alla devozione per la Vergine di Pompei. È questa la Supplica: l’inno di gloria alla Vergine, mistica invocazione, il magico cantico che commuove, sublime.
(Nicola Avellino)

                                                                                                                               

*La Festa dei Signori Forestieri - (Quarta Parte)

"Maggio 1884" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza Mons. Giuseppe Formisano - Vescovo di Nola
La Festa di domani (8 Maggio 1884) a Valle di Pompei
Ed oggi, 7 di Maggio 1884, siamo già pervenuti alla vigilia del gran giorno, anniversario di quello in cui i Cieli si aprirono alla pietà dei poveri abbandonati contadini Pompeiani: giorno preordinato dall'eternità, in cui cominciò un nuovo periodo di salute per innumerabili anime, venendo posta a mediatrice tra la giustizia di Dio e il peccato dell’uomo la madre della Misericordia, la clemente Regina del SS. Rosario.
E qui, in questo luogo, ove oggi è sorto un Santuario, qui, dove non era se non deserta campagna, sulle morbide zolle coperte di verde prato, tra lo stormire delle fronde dei pochi alberi che circondavano questa lingua di terra; domani, farà otto anni, qui discese la prima volta il Signore a rendere sacro il suolo profanato dalle ossa di antichi pagani.
E qui il venerando Vescovo di Nola incideva sul freddo marmo il segno di redenzione, su quella pietra, che doveva essere il sostegno angolare della futura Casa del Signore; quella pietra raffigurava Gesù Cristo, che è base e fondamento della vita individuale, della vita sociale e della vita morale dell’umanità. “Pietra autem erat Christus”.
E Gesù Cristo di fatti è stato adorato, amato, invocato in questo luogo, che otto anni or sono era deserto, ed oggi frequentato da migliaia e migliaia di figli suoi, i quali portano scritto in fronte il “Tau” della predestinazione.
Oh! chi l’avrebbe detto a quel piccolo stuolo di eletti Signori e Dame napoletane, a quel devoto drappello di Terziari Domenicani, che negli 8 di Maggio del 1876, venivano mossi da insolita fede a lasciare le feste clamorose della vicina Castellammare, per venire a prostrarsi in un’aperta campagna ai raggi cocenti del sole esposti, per adorare il Re dei Re, che in quell’ora tramutava in questo luogo un intero ordine di fatti, d’idee e di storia? La terra dei gentili era mutata in abitazione santa del vero Dio; e questo luogo un giorno consacrato a false deità ed al culto dei demoni, oggi sarebbe servito di sgabello al trono della regina delle Vittorie.
E questa terra di Valle di Pompei, che raccoglieva dispersi e solinghi abitatori, che neppur di nome si conoscevano dalle vicine città; oggi, al compiere di otto anni, forma il luogo più caro e più conosciuto a quanti amano Maria ed il suo Rosario, e ottengono per cagione di questo Tempio grazie e favori celesti.
Tutte le opere del Signore seguono una legge conforme, perenne, generale, la legge della contraddizione da parte degli uomini. E questa legge si rivela in speciale modo nell’Opera santa di Pompei. Non vi è festa che si faccia nel nascente Santuario, che non sia accompagnata da imprevedute e insormontabili contraddizioni; le quali alla fine risultano al maggior trionfo della Regina delle Vittorie.
Or chi lo crederebbe?
Il giorno di domani ha un certo riscontro con il ricordevole giorno degli 8 di Maggio del 1876. In quel mattino, che si dava incominciamento al Tempio del signore in Pompei, la festa religiosa e sacra della benedizione della prima pietra pareva essere distornata dalla festa tutta del varo di una gran nave da guerra (il Duilio) che aveva luogo nella stessa ora nella vicina città di Castellammare. E domani che tutti i figli della Chiesa del Rosario di Pompei celebreranno la ricordanza delle misericordie della divina Madre e il felice anniversario delle prime fondazioni del Tempio di Maria, domani un’altra festa civile, cioè i giochi e gli spettacoli alla pagana, verranno eseguiti poco lungi dal Santuario di Maria, cioè dentro la morta città dei gentili. Sarà dunque un novello riscontro di fatti. Ricordo del Paganesimo, che porta sempre con sé le impronte di morte, tuttocchè rivestito a festa e adorno di fiori: trionfo del Cristianesimo, il quale tuttocchè ristretto fra le rozze mura di un Tempio nascente, ha la virtù di far sorgere i morti, richiamare a vita ed a speranza nuova gli abbattuti figlioli di Adamo. Sì, il cristianesimo solo può, senza apparati di festa o di giochi o di novità, trarre con la potenza irresistibile della sua fede e del suo amore migliaia di eletti alle porte della novella Sion, bella di fresca fede e di giovanile amore, qui presso i ruderi di un sanguinoso anfiteatro.
Oh! quando domani tutta quella gente di nazioni, di lingue, di fede e di credenze diverse, in mezzo delle feste pagane cui assisteranno con avida curiosità, sentiranno la squilla della Chiesa di Maria che invita i fedeli ad intrecciare a piè della loro Regina la corona delle sue dolcissime rose, oh! chi sa se in quel punto al suono della campana, la Vergine sovrana degli Angeli, la Madre dei peccatori non pungerà a commozione, a pentimento ed a novella fede qualche cuore che giace sepolto sotto il peso della colpa o insozzato dalla melma dell’eresia!
La nostra preghiera di domani adunque si estenderà ancora per tutti i nostri simili, vicini e lontani che non amano Maria.
Quale sarà dunque il nostro apparecchio per la festa religiosa di domani? È l’ottava festa che l’Arcangelo tutelare della Chiesa del Signore annunzia al cielo ed alla terra.
Quel Principe degli angeli, che viene al soccorso del popolo di Dio, per otto volte in questa terra è stato anch’esso invocato benedetto e venerato, e su questa terra nella nuova Chiesa, si avrà anch’egli un altare ad onor suo dedicato.
Disse Dio al Real Profeta: “Dilata la tua bocca ed io la riempirò”. Dilatiamo dunque il nostro cuore alle più dolci speranze tutti quanti siamo, fratelli e sorelle del Rosario iscritti al Tempio di Pompei: E quanto più grande sarà la nostra fede e più vasta la nostra speranza, domani più e più grazie ciascun di noi otterrà.
Ne fa per noi valida sicurtà la clemenza di Maria, la potenza del suo Rosario, che per tutto questo mese non lasceranno mai di recitare nelle nostre famiglie, come non si lascerà in veruna ora del giorno nella cappella della prodigiosa Effige qui in questa Valle avventurata.
E questo fia il serto più bello di fiori che noi tutti figliuoli del Rosario deporremo ogni giorno ai piedi della nostra Regina in questo mese della centenaria della prima istituzione del Mese sacro alla regina dei fiori.
Animo dunque, e facciamo violenza al Cuor di nostra Madre, poiché è scritto “che il Paradiso si rapisce per forza”.       
Unanime adunque, sia la nostra orazione domani: conformi siano i nostri affetti a Maria. E la benedizione della Regina del Rosario, abbiam ferma fiducia, che pioverà in quell’ora sui ricchi e suoi poveri, sui Sacerdoti e suoi secolari, sui vergini e sui coniugati, sui giusti e suoi peccatori, i quali in Maria troveranno il loro sicuro rifugio e quella mano potente, che lo camperà dal peccato e dalla morte eterna.
(Da: Il Rosario e la Nuova Pompei del 1884)
“Giunse finalmente il giorno aspettato degli 8 di Maggio. Io avevo già avuto una formula della preghiera comune che doveva recitarsi nelle ore meridiane dagli ascritti alla Chiesa di Pompei. Mi levai secondo il consueto; tutti i fenomeni del morbo erano già cessati dal 30 Aprile, ma le forze muscolari di potermi da me sola liberamente muovere più non erano tornate. Seduta nella mia camera da letto, aspettavo l’ora che in Pompei si sarebbe recitata la devota supplica alla regina del Rosario, si sarebbe recitata la devota supplica alla regina del Rosario. Rivolta a mia sorella Concettina, dissi: “Stamane la Vergine certo mi fa qualche altra grazia, perché in questo giorno, ho letto, che sempre suole far grazie.
“Il tiro del cannone mi fece avvertita, che era l’ora del mezzodì aspettato, l’ora della preghiera da recitarsi alla vergine di Pompei.
Immediatamente mia sorella Concettina s’inginocchia ai piedi dell’effigie della Vergine di Pompei, innanzi a cui sin dal mattino ardevano le candele, ed insieme con una zia cominciammo tutti la supplica.
Detta la preghiera, esse uscirono rimanendo me sola nella mia stanza, seduta accanto al balcone. L’animo mio era pieno di speranza, seduta accanto al balcone. L’animo mio era pieno di speranza, la mia fede nelle promesse della SS. Vergine, che sarei uscita nel mese di Maggio, non venne mai meno. Volli provare se già aveva ottenuto la grazia promessa e desiderata.
“Ed oh meraviglia! Mi levai in piedi, e potetti star diritta da me sola. Volli provare se poteva camminare da me senza sostegno alcuno, e mi avvidi che mi era facile il camminare. I palpiti del cuore si facevano più violenti; la grazia era completa; la guarigione istantanea. L’animo mio era compreso da un sentimento indicibile di gratitudine e di gioia. All’istante mi risovvenni delle parole che la Madonna mi aveva detto: “La prima volta che camminerai, reciterai tre Ave in ginocchio dinanzi alla mia Immagine in ringraziamento. Ed io quei primi passi rivolti appunto verso il luogo ove era l’immagine della vergine di Pompei. E commossa sino alle lacrime mi prostrai in ginocchio, recitai le “Tre Ave” con molta compunzione, e quindi mi levai da me sola per far noto alla famiglia di aver ottenuto il compimento del miracolo.
“È impossibile descrivere l’impressione che ebbe mia madre e le mie sorelle e congiunti al vedere me, quando mi avevano lasciato seduta ed impotente nella camera dei miei dolori. Nel delirio della gioia e della strema commozione altro non ripetevano, che: “È un vero miracolo”. Io poi mi trovavo come fuori di me, non sapendo se era vero oppure no tutto quello che era avvenuto: non credevo a me stessa che pur camminavo senza appoggio di altri. E più volte camminai per le stanze come per accertarmi che io nulla più soffriva, e che le promesse di Maria si erano del tutto adempiute in quel giorno della sua festa nella Valle di Pompei. Da quell’ora camminai, e mi rimase sempre libero il camminare.
“Delle su esposte cose possono renderne testimonianza congiunti ed amici, il mio confessore S. E. Monsignor Nisio, ed il mio medico curante Professore Belmonte Vincenzo, non che persone tutte di mia famiglia.
“Oggi sono in grado di mostrare col fatto la potenza del miracolo, la grazia sperimentata dalla pietà di Maria. Quanto mi fu vaticinato, ottenni nell’ordine e nelle condizioni della promessa. Guarii senza che in me fosse rimasta traccia alcuna d’infermità, perché, animata dalla fede e dalla credenza, vidi in me perpetuarsi le mistiche glorie e i prodigi sorprendenti che opera la Regina dei Cieli.
“L’esposta narrazione è stata da me scritta il giorno dopo compiuto il miracolo, il 9 Maggio 1884”.
(Firmata) Fortunatina Agrelli Di Camillo

"Maggio 1885" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza Mons. Giuseppe Formisano - Vescovo di Nola
Orario delle funzioni del dì 8 Maggio 1885
Ogni giorno in tutto il mese di Maggio avrà luogo la “Fermata in Valle di Pompei” del treno, che parte da Napoli alle ore 8,5 a.m.
È però anche il giorno 8 di maggio, tuttochè cada di venerdì, avrà eziandio luogo la detta fermata. Quindi tutti i signori pellegrini di Napoli, di Portici, di Torre del Greco e di Torre Annunziata potranno valersene.
Dalle 6 del mattino cominceranno le Messe sino all’una p.m.
Alle 9,30, cioè all’arrivo dei devoti pellegrini in Chiesa, s’intonerà il Rosario dal Direttore del Terz’Ordine P. Lettore Fra Vincenzo Guida dei Predicatori; ed alle ore 10 comincerà la Messa bassa della funzione con l’assistenza di S. E. Rever. Monsignor Formisano Vescovo di Nola.
Alle ore 10,30 il Rev. P. M. Fra Carlo Majello dei Predicatori, Penitenziere della Liberiana Basilica di S. Maria Maggiore in Roma, dirà breve discorso in apparecchio della solenne cerimonia.
Alle ore 11,30 avrà luogo la benedizione ed il collocamento della prima pietra dell’Altare e del trono di Maria per mano dello stesso Eccell. Monsignor Formisano Vescovo di Nola.
In ultimo, esposto alla pubblica venerazione il nostro divin Redentore in Sacramento, e resigli grazie infinite col canto dell’Inno della Chiesa, verrà unanimemente recitata la devota “Suppliva alla Regina delle Vittorie”.
E così ciascuno, benedetto largamente da Gesù, ritornerà lieto in seno alla propria famiglia con l’animo rincorato ancora dalla benedizione di Maria.
Dopo la funzione saranno anche celebrate due messe: l’una mezz’ora dopo mezzodì, e l’altra ad un’ora p.m.
(Da: Il Rosario e la Nuova Pompei del 1885)
*Gli 8 di Maggio del 1885 in Valle di Pompei
Indescrivibile è stato lo slancio della pietà e della fede di migliaia di Signori intervenuti in pio pellegrinaggio il giorno 8 Maggio per assistere alla commuovente funzione della prima Pietra, che dovrà servire di fondamento al Trono ed all’Altare della prodigiosa Regina delle Vittorie.
Fin dalle prime ore del mattino la chiesa era quasi piena di gente venuta da lontano: sicché per dal luogo al pio pellegrinaggio di mille Signori Napoletani, che giungevano con lunghissimo treno alle ore 9 in Valle di Pompei, fu giocoforza chiudere preventivamente la chiesa ed affidare al buon ordine delle guardie municipali di Torre Annunziata ed ai reali carabinieri di Pompei e di Scafati.
Ma non vi era bisogno né di guardie, né di carabinieri per ordinare quelle migliaia di gente e di vetture, poiché una ineffabile devozione ed una compostezza di modi ornava ogni persona che si appressava al Santuario. Anzi, possiamo osservare, senza tema di essere smentiti, che la festa di questo anno ha superato in edificazione ed in fervore di culto tutte le feste dei passati anni. Qualunque nostra parola a descriverla è sempre da meno della verità, e potrebbe sembrare esagerazione a chi mai non è intervenuto a qualche festa in questo nascente Santuario. E però altro non facciamo, che ripetere sempre, ed a tutti: chi non ha fede, venga alla chiesa di Pompei nel dì della sua festa, e vedrà e crederà.
E tutti in quel mattino ad una voce recitarono il Rosario di Maria, giunti che furono in chiesa. E tutti ad una voce risposero al Te Deum, poi che il santo Vescovo di Nola ebbe benedetta quella lapide di marmo, in cui era inciso il segno di Redenzione e la data per sempre memorabile: “8 Maggio 1885”.
Ma quando giunse il momento aspettato della comune preghiera da recitarsi ai piedi della Regina delle Vittorie, un santo entusiasmo prese l’animo di quanti erano affollati, genuflessi in questa chiesa. Ed invece di lasciare, come nelle altre volte, che il Sacerdote dal pergamo leggesse a nome di tutti la devota Supplica, in quell’ora solenne, non potendo più contenere un sovrabbondante impeto di affetti di tenerezza, di devozione, di amore a Maria, non appena intesero dal rev. P. Guida la prima parola della “Supplica”, che proruppero tutti in un grido di preghiera ed in lacrime di compunzione. Sicché furono visti uomini grandi per ufficio e per linguaggio, stretta in mano la cartolina della prece a Maria, versare cocenti lacrime in quel momento reso sublime dalla fede cattolica.
Ma non è questo tutto lo spettacolo di grandezza e di meraviglia. Ve n’è un altro più sublime e che forse molti ignorano; e si è che a quell’ora di mezzogiorno molti ignorano; e si è che a quell’ora di mezzogiorno dell’8 Maggio 1885 centinaia di migliaia di famiglie secolari e religiose, in Italia e fuori, erano prostrate innanzi ad una immagine della vergine del Rosario di Pompei, e tutti con una stessa fede, con una stessa parola innalzavano i loro sospiri alla potente Regina del Cielo. Questo è un vero trionfo della regina delle Vittorie, è il trionfo della fede in un’età miscredente: è il trionfo della preghiera in un secolo che non ha altra aspirazione se non dell’oro e dei cannoni. È l’unione dei cuori in un sol Cuore, che è quello della propria Madre, tipo di ogni bellezza e di ogni perfezione creata. Questo spettacolo così gradito al cuore di Maria, e che gli Angeli di Dio miravano con celeste sorriso, all’animo nostro si rivelava per migliaia di lettere che innanzi di cotal dì erano pervenute.
Dopo tutto questo, chi mai, amico o nemico che sia, non confesserà essere questa Opera di Pompei tutta fatta dalla virtù onnipotente di Dio per far risplendere la gloria e la potenza della Madre sua? Sì, questi fatti ci danno ancora fiducia che questo tempio, il quale sorge rimpetto alla pagana Pompei, segnerà l’epoca della restaurazione della fede cattolica in varie parti del mondo.
A rendere più sontuosa la funzione intervenne inaspettatamente il chiarissimo e santo Arcivescovo di Bari, Monsignor Pedicino, tenero amante e scrittore del Rosario di Maria. E celebrò la messa della funzione, assistendovi l’Ecc. Vescovo di Nola, Mons. Giuseppe Formisano.
È da confessare pure, che ad accompagnare la comune pietà in quel giorno, non ebbe piccola parte la scelta e devota musica diretta gratuitamente dal valente e pio Maestro Francesco Ruggi di Napoli, alla quale presero parte anche gentilmente e gratuitamente per esecuzione vocale i Signori Achille Coscia e Giovanni Pelusio ed il dilettante Pasquale Ippolito. E per la parte strumentale i Signori Cimmaruta, Riccio, Abruzzi, Caro. Una Salve Regina ed un Tantum ergo dello stesso Maestro Sig. Ruggi eseguiti dal Coscia e dal Pelusio con la più bella precisione, come sempre sogliono segnalarsi questi due artisti di canto, compirono la solenne funzione.
(Avv. Bartolo Longo)
Sunto del discorso recitato dal R. P. Lett. Fra Vincenzo Guida dei Predicatori
Nel dì 8 Maggio 1885 in Valle di Pompei
Iddio si servì sempre nel corso dei secoli di visibili monumenti, per innalzare lo spirito umano a pensieri sovrumani, e ridestare nei popoli la fede assopita, Tale la verga di Mosè, il serpente di bronzo, l’Arca del Santuario, il tempio di Salomone, la Basilica del Vaticano ed altri molti. E questo spettacolo della divina Provvidenza si rinnova oggi più che mai. Questo nuovo spettacolo è sotto i vostri occhi, o Signori, cioè dire questo tempio magnifico che rifulge per loro e per la finezza dell’arte cristiana, o questa immagine del Rosario, che risplende per prodigi e per grazie senza numero.
Si, tutto questo magnifico tempio è opera di Provvidenza ed è opera vostra, o Signori.
Oggi sono nove anni qui non era che solitaria campagna. Un drappello di anime elette del mio Terz’Ordine qui, su questa terra nuda, in questa aperta campagna, faceva devoto corteggio ad un Porporato di S. Chiesa, che incideva nel nome di Dio il segno vittorioso della Croce su di una pietra, e quella pietra era il primo ed essenziale fondamento della Casa del Signore, che da quel giorno doveva cominciarsi ad erigere.
Due lustri ancora non sono passati da quel giorno. E voi stessi, e parte di voi forse che si trovò qui in quel giorno memorabile degli 8 di maggio del 1876, vedete con immensa soddisfazione il frutto della vostra carità, della vostra fede. E lo stesso principe di Santa Chiesa, che in questo luogo benedisse la prima pietra del Tempio agli 8 Maggio del 1875, è lo stesso che oggi in questo luogo si trova in mezzo di voi per porre la prima pietra del Trono e dell’Altare della Regina delle Vittorie.
Opera di fede è la vostra, o Signori. Non vi contentate di erigere così vasto Tempio; ma volete renderlo ricco del vostro oro per renderlo meno indegno della Regina del Cielo.
A torto si accusa il Cattolicesimo di oscurantismo e di regresso, nemico delle scienze e delle arti. Basterebbe a smentire l’accusa questo Tempio che voi innalzate. Il genio del Cristianesimo, che è per sé ispiratore di cose e di arti belle, qui sovraneggia in ogni singola parte, e fa degna gara co’ monumenti dell’arte antica, che signoreggiano la vetusta e distrutta Pompei.
Due concetti, o Signori, oggi mi si presentano chiari alla mente alla vista di questi archi magnifici, di tanto oro profuso, di tante stupende pitture: la fede cattolica ispiratrice e fecondatrice di bellezze artistiche, e la misericordia di Maria fecondatrice di beni e di grazie celesti su tutti i figli che le edificano questo Tempio.
Ovunque volgiamo lo sguardo, siamo testimoni della potenza di Dio: e l’epoca nostra ben si può dire l’epoca, che sconoscendo Dio, ne confessa la potenza. Tremuoti, inondazioni, scomparse di città, epidemie devastatrici, valanghe di neve che danno sepoltura agli uomini, guerre e suicidi, guerre tra nazioni e malattie d’ogni genere, che vanno decimando insensibilmente l’umana famiglia, tutto dimostra la potenza di Dio, che può in un solo istante distruggere la fattura delle sue mani, l’uomo, con un solo soffio della giusta ira sua.
Ma in questo luogo di Pompei non è la potenza di Dio che si manifesta, è la misericordia. E questa misericordia viene fatta alle famiglie degli uomini per mano di Colei, che è lieta di essere chiamata la Madre della Misericordia.
E quanti di voi non hanno provato gli effetti della materna misericordia di Maria?
E quanti di voi non sono venuti in questo luogo a ringraziarla della potenza, che Ella ha mostrato a pro vostro?
E quanti di voi non siete qui raccolti in questa mattina con l’animo pieno di fede di conseguire in questo giorno, di qua ad un’ora altra, le grazie che tanto ardentemente avete chiesto?
Oh, sì, sperate, che è la speranza che posa in Maria, di certo non fallirà. Di qua ad un’ora Essa da quel Trono di clemenza vedrà il Figliol suo prediletto, il Santo Vescovo di Nola, che collocherà quella prima pietra del suo Altare e del Trono, donde Essa, come a regina universale, diffonderà su tutte le vostre famiglie i salutari effetti di sua celeste benedizione.
E tutt’insieme qui pregheremo questa mattina, affinché su di tutti Essa spanda i tesori del suo amore materno. Oggi è il giorno ricordevole dei suoi trionfi su questa pagana terra di Pompei. Ed in questo giorno, ah, Ella non sa negar le grazie a veruno. Ricordiamoci quanti nel passato anno piangenti stesero le loro mani supplichevoli ad implorare misericordia, e poi lieti ritornarono a rendere pubbliche grazie alla generosa Donatrice. Ricordatevi segnatamente che, oggi è un anno, a quest’ora tre persone afflitte ed inferme riebbero generosamente da Maria la santità. Nella medesima ora che qui noi unanimi pregavamo, in una cella del monastero delle Carmelitane Scalze di Modena, in una camera della villa Scocchera in Portici, e in una stanza del palazzo Rocco, in via Settembrini, in Napoli, la nostra Augusta Regina del Rosario, faceva splendida mostra della sua potenza e della sua misericordia. La Contessa Bentivoglio di Modena, oggi Suor Teresa Margherita del SS. Sacramento la signorina Maria Rogondini e la signorina Fortunatina Agrelli qui presenti, sono tre documenti vivi della misericordia di Maria e dell’amore, che Ella porta tutti quelli che Le edificano questo Tempio.
Ma oggi una più grande fede deve sorgere in voi; voi concorderete ad innalzare quel Trono, dal quale la Regina del Rosario dovrà trionfare su tutti i cuori dei peccatori. Questa prima pietra dell’Altare di Maria formerà il primo scalino della mistica scala che deve condurvi al Cielo. Sì, questa pietra di marmo raffigurata dai sassi di Betel, che furono al dormiente figlio di Isacco di origliere nel suo viaggio di Aran quando ebbe la celeste visione di Mesopotamia, come è scritto nella Genesi; questa pietra di marmo venne simboleggiata dalle 12 smisurate lapidi, che tolte dall’aneroso seno del Giordano, vedevansi torreggiare sulle altare del Golgota, come insigne testimone a tutto Israele, che Dio aveva fatto camminare per quel fiume a piede asciutto come si legge in Giosuè. Questa pietra ricorda il masso enorme che alzò in Masfa Samuello, cui intitolò “Pietra d’aiuto” per rammentare la sconfitta di Filistri, come si riscontra nel libro dei Re.
Ed ora che il Sacro Unto del Signore pone quella pietra benedetta, sollevate i vostri occhi e i vostri cuori a Maria, e pregatela con le lacrime, che per amore di questa chiesa, a Lei tanto diletta, per memoria di questo giorno solenne in cui incominciamo ad innalzarle un Trono, Ella faccia salvi i corpi e le anime vostre, dei vostri figli, dei vostri genitori, dei vostri fratelli, delle vostre sorelle, dei vostri amici e dei nemici ancora; salvi i giovani incauti o traviati, salvi l’Italia nostra, che è la terra del Papato; salvi la navicella della Chiesa sbattuta da fiere e tempestose onde, e faccia ad ognuno di voi vedere il sorriso dei giorni più lieti, acciocchè tutti abbracciati in santa e fratellevole carità, dimessi gli odi e i rancori di parte, tutti ai piedi di Lei cantino l’inno del ringraziamento e dell’angelico saluto.
Sì, o Maria, tutte a Te prostrate dinanzi vengono le umane generazioni. E Tu rimira in questo momento quasi tuoi figli, che qui ai piedi tuoi implorano le tue grazie. Tu non puoi discacciarli: essi Ti hanno eretto questo Tempio. Essi oggi incominceranno quell’Altare dove il benedetto frutto del Tuo seno verrà ogni giorno offerto vittima di propiziazione all’Eterno per i peccati del popolo.
Essi oggi incominciano il Tuo Trono, dove Tu ogni giorno allargherai lre braccia della tua materna misericordia, e renderai felici del Tuo celeste sorriso tante anime afflitte che a te fedeli ricorreranno.
O Maria, benedici questo Tuo Vescovo – benedici questo Tuo popolo – benedici questi figli del mio Terz’Ordine, che Ti hanno consacrato le sostanze e la vita – benedici anche il mio Ordine, che è l’Ordine Tuo, a cui Tu desti il Rosario, benedici tutti i tuoi figli che generosi a te dirizzano con l’obolo della loro carità i sospiri dei loro cuori. Benedici chi protegge questa tua chiesa, tutti quei che concorrono a fare più splendido il tuo Trono.
E fa che quanti sono iscritti ai piedi tuoi in terra, siano scritti nel libro della vita in cielo. Amen.

"Ottobre 1885" L'Ora del Mondo

Il Mese di Ottobre sacro al SS. Rosario per un nuovo Decreto del Vaticano
L’Eccellenza reverendissima del nostro carissimo Monsignore Fra Vincenzo Leone Sallua, Arcivescovo di Calcedonia, Commissario Generale della Suprema ed ornamento dell’Ordine dei Predicatori, ci manda da Roma un Decreto del Vaticano “Urbis et Orbis” dei 20 di Agosto 1885, con il quale il Santo Padre vuole consacrato, anche in quest’anno e negli anni successivi, il mese di Ottobre a Maria Santissima del Santo Rosario. È la terza volta in tre anni consecutivi che il sapientissimo nostro Pontefice inculca a tutto il popolo cristiano la bella ed efficace devozione del Santo Rosario.
Tutti ricordano la celebre Enciclica “Supremi Apostolatus” del 1° Settembre del 1883, e l’altra dei 30 Agosto 1884 “Superiore Anno”.
Oggi Sua Santità, dice il Decreto, che ora riferiremo nel testo originale latino, comanda, che ogni anno, dal primo giorno di Ottobre al secondo del successivo Novembre, in tutte le parrocchie dell’Orbe cattolico e in tutti i pubblici Oratori dedicati alla Madre di Dio e in altri da scegliersi all’arbitrio dell’Ordinario, ogni giorno si recitino almeno cinque decine del Rosario di Maria Santissima con le litanie Lauretane.
Che se la funzione avrà luogo al mattino, nel tempo della preghiera si celebri la messa; se nel pomeriggio, si esponga all’adorazione il sacrosanto Sacramento dell’Eucaristia, e, secondo il rito, si dia ai fedeli la benedizione.
Desidera ancora Sua Santità che da tutte le Confraternite del Rosario si facciano pubbliche e religiose processioni quando lo permettano le leggi civili. Ed inoltre al rinnovare tutte e singole le indulgenze le indulgenze altre volte concesse, ne aggiunge nuove per coloro che interverranno alla recita del santo Rosario, pregando secondo l’intenzione del regnante Pontefice, come meglio apparirà dal testo del Decreto: cioè 7 anni d’Indulgenza ogni giorno, ed una volta l’Indulgenza plenaria.
Lo stesso prelodato Monsignor Sallua scriveva in una lettera all’Ill. Direttore dell’Unità Cattolica di Torino queste nobili parole: “Cotesto Decreto del Sapientissimo nostro Pontefice Leone XIII è un nuovo pegno di un migliore avvenire alla Chiesa ed alla società. La Regina delle Vittorie, Maria Santissima, col suo Rosario ravviva la Fede, ricompone il costume, ridona la pace che recò Gesù Cristo.
Il Santo Padre, con tale perseverante volontà all’inculcare sì potente e perfetta divozione, impegna l’Immacolata presso la Santissima Trinità”. E Monsignor Sallua, arcivescovo di Calcedonia, vuol essere tra i primi Vescovi e Pastori a rendere grazie al glorioso Pontefice Leone XIII, sommo propagatore del Santissimo Rosario; ed invita tutti i Vescovi e Pastori dell’Orbe cattolico ad esprimere al Santo Padre in modi riconoscenti il loro grato animo per avere voluto per tre anni consecutivi scegliere il Rosario a preghiera universale della Chiesa.
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